Cenni storici

Civita D’Antino che nel secolo XI patria del benedettino S. LIDANO, iniziatore della bonifica delle Paludi Pontine, e in tempi più recenti dell’illustre chimico Domenico Morichini (1773-1836), inoltre di questo paese, un giorno importante municipio romano, si è scritto a lungo in monografie e in studi particolari. Le epigrafi sparse qua e là nel suo territorio sono riportate negli ultimi tre secoli dal Febonio, dal Corsignani, dal De Sanctis, dall’inglese Hoare, dal Mommsen, dalla monografia <<Antinum>> di Clemente Alati del 1910, dal recente lavoro del civitano Settimio Maciocia, e penso che eventuali scavi nell’ambito dei soui confini potrebbero portare alla luce nuove iscrizioni ed altre notizie, preziose per illuminare l’antica storia di Antino e forse per concomitanza la storia di tutta la nostra valle.

Civita d’Antino si trova in una posizione veramente felice. Situata su un altipiano a 904 metri sul livello del mare, è cinta da una barriera naturale di pietra che la difende. Ad oriente il paese è protetto dalla montagna. L’Antico municipio non era facilmente accessibile e godeva della sua privilegiata posizione, resa più forte da cinte di mura ciclopiche nei punti più scoperti. Al sud il paese era irraggiungibile. Resti ancora visibili di una cinta di mura sono molto lontani dal centro dell’antico municipio romano, come quelli che si osservano a Porta Campana, al di sopra dell’attuale cimitero.

Lassù vissero gli abitanti tranquilli e sicuri dagli assalti improvvisi e dalle scorrerie nemiche che mai mancarono nel corso di oltre due millenni di storia. Civita, anche nella prima metà del nostro millennio, ebbe la sua importanza, che poi andò man mano scemando; purtroppo, alla fine del secolo XIX e al principio del nostro secolo, si accentuò la sua decadenza, dovuta all’espatrio di molti civitani, diretti all’estero, specialmente nell’America Meridionale. Civita, come ho accennato sopra e come ho scritto altrove, non dovette essere una entità trascurabile nei primi secoli del secondo millennio della nostra era, se, attorno all’anno 1063, cittadini nobilissimi di Antena, questo era il suo nome in quel periodo, donavano chiese e terre del loro territorio, situate lontano dal centro, cioè in Morino e in Rendinara, al Monastero di Montecassino, allora fiorentissimo con l’abate Desiderio.

E continuò a restare tale anche nel secolo seguente. Nel 1183 il Papa Lucio III definiva con una Bolla i confini ecclesiastici della parrocchia di Civita d’Antino, la Parrocchia di S. Stefano; essi arrivavano alle pendici dei monti opposti a Civita, a terre appartenenti oggi ai terreni di Morino, di Meta e di Rendinara. Un paese che nel secolo XII aveva tante chiese sparse nella campagna del suo contado ed altri in territori, che non fanno più parte da tempo di Civita, doveva avere ancora un nome e rappresentare qualche cosa. Molti documenti non esistono più e si è sempre costretti a rintracciare del passato solo qualche cenno o qualche vaga notizia. Ma non è un grande onore per questo paese, che già aveva iniziato la sua decadenza, aver dato nel secolo XIII due scrittori alla corte pontificia, cioè lo scrittore papale Maestro Giovanni di Civita d’Antino, nominato poi canonico della chiesa di S. Donaziano a Bruges (Belgio) da Onorio III nel 1217, e un certo Maestro Stefano, pure di Civita d’Antino, chiamato nel 1259 da Alessandro IV ad essere correttore delle lettere papali.

E dovette partecipare attivamente Civita d’Antino all’aspra lotta dei partiti e delle frazioni nel secolo XIII, in special modo alle lunghe contese fra guelfi e ghibellini, se dopo 18 anni dalla fine degli Svevi, avvenuta nel 1268, restavano da assolvere dalla scomunica alcuni cittadini di Civita d’Antino, già partigiani di Corrado di Antiochia! Per Civita questa partecipazione è certo segno di vitalità: il paese aveva ancora da dire la sua parola nella nostra regione e non era estraneo agli avvenimenti di quella torbida epoca storica. Appare il paese di Civita d’Antino in tutti gli elenchi dei paesi di Valle Roveto a noi giunti; dal Catalogo dei Baroni agli Svevi, dagli Angioini algli Orsini, dai Piccolomini ai Colonna.

Civita d’Antino ebbe 500 abitanti circa nel 1173, 370 ai tempi di Carlo V, 430 nel 1595, 300 nel 1617, 300 ancora nel 1648, 240 nel 1663, 260 nel 1669. E’ un crollo pauroso la diminuzione degli abitanti di Civita nei secoli XVI e XVII. Le cause sono sempre da ricercare nelle terribili pestilenze che si accanirono in quei secoli contro le nostre infelici popolazioni. Poi la popolazione di Civita riprese a salire anche se assistiamo ad altre oscillazioni alla fine del secolo XVIII e al principio del secolo XIX. Infatti, 1541 sono gli abitanti nel 1779, 1200 nel 1802, 1001 nel 1806, 1687 nel 1838. Con Gioacchino Murat Civita d’Antino fu Comune centrale e ad esso fecero capo i Comuni di S. Vincenzo, di Morrea, di Castronuovo e di Morino. Dal 1816, dopo la creazione del Comune centrale di S. Vincenzo Valleroveto, i Comuni di Morino e di Rendinara furono aggregati al Comune di Civita d’Antino. Negli anni 1816, 1820, 1822 gli abitanti di Civita, di Morino e di Rendinara furono aggregati al Comune centrale di Civita d’Antino. Negli anni 1816, 1820, 1822 gli abitanti di Civita, di Morino e di Rendinara furono rispettivamente 2730, 2796, 2959.

Dopo il 1831 Civita rimase sola, senza Morino e Rendinara. Quali sono i dati della popolazione di Civita d’Antino negli ultimi censimenti, a partire dal 1861? Eccoli: 1421 abitanti nel 1861, 1458 nel 1871, 1428 nel 1881, 1782 nel 1901, 1191 nel 1911, 1250 nel 1921, 1267 nel 1931, 1390 nel 1936, 1241 nell’ultimo censimento del 1961, di cui 474 nel capoluogo e 767 nelle frazioni. La bella chiesa a croce greca e molte case furono distrutte dal terremoto del 1915; le vittime furono 39. Erano stati 1446 nel 1951. Il calo più forte, dovuto all’emigrazione, si ebbe nel primo decennio di questo secolo. Dopo il terremoto molti abitanti calarono al piano e si sviluppò in breve la frazione di Pero dei Santi, a m. 450 di altezza sul livello del mare, presso la Nazionale 82, al Km. 26+500. Prima del 1806 venivano eletti in pubblico parlamento << a cartelle>> due amministratori, cioè due massari. Il Catasto di Civita d’Antino fu terminato il 1° maggio 1745.

Lo stemma di Civita d’Antino, di cui parla Settimio Maciocia nella sua monografia e che egli avrebbe trovato in un libro del Catasto del 1680. Riporto io invece qui lo stemma di Civita d’Antino, come risulta dal Catasto Onciario, n. 3009, dell’anno 1745, esistente nell’Archivio di Stato di Napoli, Sezione Amministrativa. Lo stemma che vorrebbe rappresentare una colonna con scanalature è senz’altro opera di un principiante. Nel capitello come ai lati della colonna stilizzata l’ispiratore dello stemma ha designato dei fiori. Una corona sormonta lo stemma; alla base di esso una margherita con arabeschi a destra e a sinistra. La strada carrozzabile di circa 9 chilometri che porta a Civita d’Antino e si allaccia alla Nazionale 82 fu inaugurata nel 1909. La strada si innesta alla Nazionale al Km. 27+400. I caduti nella prima guerra mondiale furono 32, nella seconda 16; morirono in seguito ai bombardamenti 18 civili.

Civita fu meta nel secolo passato e nel primo quarto del nostro di una schiera di valorosi pittori danesi che ritrassero in numerosi quadri, alcuni di grande valore artistico, gli stupendi panorami, il paesaggio incomparabile, i costumi caratteristici del paese più che bimillenario. Dopo la seconda guerra mondiale, Civita si è ripresa meravigliosamente, e sotto la spinta del suo concittadino On. Arnaldo Fabriani e con la buona volontà di tutta la popolazione, si è trasformata. Il paese, che si gloria giustamente di tanta storia, ripiglia il suo cammino, nell’ansia di preparare al visitatore, al forestiero, al villeggiante un asilo di pace, un luogo accogliente con tutti i conforti moderni. Passeggiate ed escursioni non mancheranno a coloro che vanno a passare qualche mese d’estate a Civita d’Antino. Oltre alla proverbiale cortesia degli abitanti, propria di ogni autentico abruzzese, e oltre all’aria buona che dona appetito e salute e all’acqua fresca e leggera delle sue sorgenti, Civita offre belle passeggiate alla Pineta e alla sorgente di S. Francesco: la prima, partendo dal paese, si raggiunge dopo mezze ora di cammino, la seconda una oretta di comoda strada.

Per gli escursionisti e gli innamorati delle altezze ci sono le lunghe gite alla Madonna della Ritornata, santuario incastonato nella roccia come in una conchiglia, al Laghetto <<Pratelle>> (m. 1600), al Monte Romanella. E non basta: le tre ultime località nominate si trovano nel versante di Civita. Ma anche l’altro versante, quello dei Monti Simbruini, attente gli arditi escursionisti: la valle di Morino che segue il Romito e risale fino alla Grancia e allo Schioppo è uno dei paesaggi più belli di Valle Roveto, mentre la scalata al Monte Viglio (m. 2156), raggiunto al mattino, dopo aver pernottato a Meta, offre allo sguardo una visione superba, che comprende orizzonti senza fine. Chi poi vuol riposare e godersi il panorama e il silenzio di Civita, trova in paese la passeggiata di S. Maria, donde può spingere l’occhio non solo a tutta la Valle Roveto, che appare in estate un lungo corridoio di verde, ma oltre ancora, fino ai monti che cingono a nord Capistrello, fino ai monti che si profilano a sud lontani oltre Sora, oltre Valle di Comino e la bassa Valle del Liri. A Civita è esistita da cinquanta anni una signorile pensione, la Pensione Cerroni; e chi poi improvvisamente arriva in paese troverà sempre un ristorante decoroso dove mangerà bene e a poco prezzo, la trattoria <<Antinum>>.

A Civita assistono i villeggianti nell’ultima domenica di agosto alla processione della Madonna della Ritornata. La Immagine di stile bizantino, portata il mattino al Santuario dalla Chiesa del paese, vi ritorna la sera, accompagnata da un corteo di devoti con le torce accese. La processione scende dalla montagna quando è già sera, al tramonto, e appare a chi guarda dal paese, quando è già notte. E’ uno spettacolo la lunga teoria delle luci che serpeggiano per la strada che porta a Civita. Intanto un altro corteo di fedeli, sempre nella sera, è salito per le prime rampe della strada del Santuario alle prime alture. Ad un certo punto, come è nella tradizione, le sue due processioni si incontrano luminose e canore. Poi, formato un solo corteo, perché una sola è la fede e uno solo è l’amore, la processione arriva in paese, accolta dal giubilo della popolazione rimasta e dagli scoppi prolungati di granate dai molti colori. E’ una festa indescrivibile di cuori. Ancora resiste a Civita d’Antino qualche usanze particolare, che purtroppo va mano mano scomparendo.

Si usava una volta, e qualcuno ancora non lo dimentica, di chiedere del pane alle porte delle case il 17 gennaio, festa di S. Antonio Abate: l’usanza era detta <<la panetta di S. Antonio>>. Un’altra usanza: un tempo i fedeli che uscivano dalla chiese durante la novena di Natale improvvisavano una luminaria a base di grosse torce, formate di ginestra secca. La popolazione attuale di Civita d’Antino, ridotte a poche centinaia, esercita in gran parte l’agricoltura e la pastorizia. Per la macinazione del grano il paese si serve del mulino elettrico di Pero dei Santi. Molto si aspetta il paese dalla costruzione di nuove strade. Intanto è a buon punto la strada che dal capoluogo raggiungerà il Laghetto e da qui Collelongo, per trovare poi il suo logico e turistico proseguimento nella strada che Villavallelonga si allaccerà ad un’altra, la quale da Sora e da Valle di Comino porterà a Pescasseroli e al Parco Nazionale d’Abruzzo. In costruzione sono anche le strade che immettono al Santuario della Ritornata, alla Sorgente di S. Francesco e al Collebianco.

L’attuale stemma di Civita d’Antino è veramente significativo: uno scudo, sormontato da una corona. Dentro lo scudo si leva, dominata dal sole, una torre merlata. Alla base della torre una porta con grosse pietre che pavimentano il suo ingresso. Sotto lo scudo una fascia con queste parole che ricordano l’origine marsa della vecchia Antino: Nec sine nec contra. I Marsi avevano sempre contribuito alle fortune e alla gloria di Roma. Il motto si spiegava così: stati schierati contro di Roma. Per quanto riguarda l’edilizia popolare, a Civita capoluogo, dopo il terremoto del 1915, furono costruite 11 case a due piani e 3 case popolari. Dopo la seconda guerra mondiale sono sorti a Civita capoluogo 1 edificio a 3 piani, a cura dell’Unrra-Casas, e 1 edificio, anche esso, a 3 piani a Pero dei Santi a cura dell’Istituto Autonomo delle Case Popolari. A Civita d’Antino, oltre alla già accennata Pensione Cerroni, preferita un tempo dagli artisti danesi, esiste anche la Pensione Floriana con servizio di ristorante. Presso la stazione ferroviaria funziona la Trattoria Farina.

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